![]() Ideologia etico-politica nella sferzante critica di Georgi Markov al totalitarismo bulgaro [2/3] 08.05.2019 Compito di questo mio contributo è quello di delineare le idee portanti in ambito etico e politico che Georgi Markov persegue costantemente nel corso delle sue critiche puntuali, ripetute e spesso anche radicali nei confronti del regime bulgaro. Il punto di partenza essenziale ci è dato dalla sua sicura opinione che il regime bulgaro, esercitato dal Partito comunista, non ha assolutamente niente a che fare col comunismo e col socialismo, ma che non è altro che capitalismo di stato. Markov dice di trovarsi in difficoltà nel definire i regimi dei paesi del Patto di Varsavia "socialisti o comunisti". "E' più che evidente - prosegue l'autore - che essi non hanno nulla in comune con le idee fondamentali sia del socialismo che del comunismo. E per questo prego i miei ascoltatori di scusarmi se per abitudine sbaglio nel definirli comunisti invece che di partito".[4] Con un preciso affondo anticlericale afferma che "Come l'istituzione ecclesiastica ha qualcosa in comune con Dio, tanto il partito ha qualcosa in comune col comunismo"[5] per citare infine una icastica e folgorante espressione di un suo amico: "Sono stato comunista per tutta la vita e per questo non mi sono mai iscritto al partito". Un'antonimia secca e irrevocabile: "comunista" come contrario di "membro del partito". Del poeta e straordinario satirico Radoj Ralin, uno degli eroi per Markov della dissidenza e della resistenza antitotalitaria e antigovernativa, già giovanissimo partigiano comunista, la gente diceva che fosse "un vero comunista". Questa definizione era nata come contrario assoluto del concetto di "membro del partito" (партиец). "Se per la gente "membro del partito" era un essere, che pensava esclusivamente a se stesso, la cui vita era regolata da istinti elementari e dai calcoli per il proprio benessere, che credeva nel marxismo e nel leninismo, come avrebbe creduto in Allah, se Maometto fosse stato al potere, che non aveva mai rischiato nulla nella sua vita a favore degli altri (ma la cosa non gli impediva di attribuirsi atti eroici), che fosse per carattere un servile e vile camaleonte, pronto ad inchinarsi davanti a chiunque fosse più potente di lui - il "vero comunista" ne era la negazione morale. Markov distingue quattro categorie di comunisti: comunisti idealisti, comunisti agenti sovietici, comunisti opportunisti e comunisti per caso. Solo i primi sono portatori di valori: molti di loro erano sognatori che hanno abbracciato l'idea comunista come bandiera che li conducesse nella direzione della felicità e della bellezza. Per le drammatiche leggi della lotta, solo una minoranza dei comunisti idealisti era ancora in vita il 9 settembre del 1944: "Non è difficile capire che i migliori, i più coraggiosi, i più onesti e coerenti siano caduti...".[10] In un arco di tempo che Markov non definisce cronologicamente in modo preciso e che varia da alcuni mesi ad alcuni anni, col rientro in Bulgaria dei rifugiati comunisti in URSS e prima di tutti dell'ex segretario dell'Internazionale comunista e poi del Cominform Georgi Dimitrov, il potere è assunto da un blocco litigioso ma estremamente determinato, formato dagli esiliati, che Markov definisce sommariamente come "agenti sovietici" e dagli opportunisti senza scrupoli, spesso definiti anche "pescecani" (il partito cresce in poco tempo da qualche migliaio di iscritti a oltre mezzo milione), i quali, nella rissa per accaparrarsi spazi di potere e vantaggi economici, prevalgono e marginalizzano i comunisti idealisti. Una parte di loro, rinnegando gli ideali passati, capitola e si allea con i nuovi dirigenti. Un altro gruppo, non particolarmente numeroso ma di grande significato politico e morale, si fa da parte in silenzio. Markov definisce il dramma dei comunisti idealisti come uno dei temi più alti e più pregnanti presenti nella realtà bulgara e osserva che la sdolcinata letteratura 'socialista' non ne offre il minimo accenno. Per Markov la critica e l'opposizione al regime totalitario bulgaro possono essere esercitate solo da posizioni ideali comuniste: "Il regime poteva essere criticato e attaccato esclusivamente da posizioni comuniste, o, per essere più precisi, dell'ideale comunista. Ero e sono assolutamente convinto che partire da una qualunque altra posizione sia una totale e inescusabile sciocchezza".[15] Tra i politici Markov ha parole di rispetto nei confronti di Trajčo Kostov. Kostov aveva guidato il Partito operaio rimanendo in Bulgaria ed era stato impiccato nel dicembre del 1949 per ordine di Stalin, a cui si era rifiutato di rivelare una serie di dati economici che concernevano i commerci bulgari con paesi occidentali. I comunisti idealisti si rendono conto che la direzione del partito è caduta in mano ad agenti sovietici servili nei confronti di Mosca e privi di ogni scrupolo ed afferma: "Con l'assassinio di Trajčo Kostov l'Ufficio politico viene a perdere l'unica sua personalità di valore".[16] Markov ricorda come la campagna contro Kostov, come traditore, titoista e spia straniera avesse avvelenato i cittadini. Un noto clinico, per ostentare servile conformismo filogovernativo, aveva detto che il giorno dell'impiccagione di Kostov era stato il giorno più felice della sua vita. La maggioranza dei bulgari non credeva che Kostov fosse colpevole, ma i più facevano a gara per ostentare l'odio contro di lui contando di trarne vantaggi nella società.[17] Voglio stare tra i primi, con quelli autentici, coi comunisti.[19] Un posto a parte tra i comunisti idealisti, intransigenti nel continuare la propria battaglia ideale, è quello di Hristo Ganev. Partigiano, sceneggiatore e regista, si diploma nel dopoguerra a Mosca. Con l'amata moglie Binka Željazkova, la prima regista cinematografica bulgara, sono autori di film magnifici sulla resistenza e sulla vita e le vicende bulgare. Vari dei loro film, amatissimi dal pubblico, sono censurati. Il loro film del 1957 La vita scorre in silenzio... è il primo, nell'insieme dei paesi del Patto di Varsavia, a bollare, come tradimento degli ideali ugualitari e libertari, la presa del potere e la gestione totalitaria, egoista, consumistica e neo piccoloborghese da parte dei funzionari e dirigenti di partito, alcuni dei quali anche ex partigiani. Il film potrà essere visto solo dopo i cambiamenti politici del 1989. Markov dichiara con entusiasmo la sua stima per Ganev. Afferma che ben pochi altri stati dell'Europa orientale possono vantarsi di un uomo così coraggioso e specchiato e così lo descrive: "Hristo Ganev, partigiano, sceneggiatore e regista, il cui rifiuto di ogni compromesso lo farà scacciare da ogni posto, un uomo che il partito e il regime si sforzeranno di comprare, di attrarre a sé, di spaventare, di punire, ma nessuno riuscirà a piegarlo, sarà uno dei pochi che rifiuterà di firmare la risoluzione contro Solženicyn e sarà espulso da gente come Levčev".[20]
Autore: Giuseppe Dell'Agata Links Commenta questa notizia Notizie
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