![]() Mostra fotografica dei bambini rifugiati a Sofia Mohamed, due volte profugo 20.01.2014 Mohamed parla "quattro lingue e mezzo". Inglese, somalo, arabo, turco e un po' di bulgaro: "Mio padre mi ripete sempre: fai in modo di imparare bene la lingua del Paese in cui vivi. E io lo faccio". Ciascuna di queste lingue riflette un pezzetto della storia di questo diciassettenne dagli occhi vivaci. Il somalo è la sua lingua madre, imparata in famiglia e per le strade di Mogadiscio quando era appena un bambino. L'inglese è la lingua della musica, passione della sua vita: "Vorrei diventare un cantante professionista, ho già inciso due canzoni", spiega. L'arabo, la lingua della prima fuga dalla sua terra: un viaggio che lo ha portato, assieme alla sua numerosa famiglia, dal Corno d'Africa fino alla Siria. "Sono nato in Somalia, ma ero molto piccolo quando mio padre Nuruddin ha deciso di portarci via. Ci siamo trasferiti in Siria, vicino a Damasco, stavamo bene lì", racconta. Una vita normale, tra gli amici e la scuola, con la passione della musica che cresceva giorno dopo giorno. Ma Mohamed non arriva al diploma: nel 2011, con il crescere delle proteste contro il regime di Bashar al Assad, il padre di Mohamed decide di scappare un'altra volta: "Aveva già vissuto questa esperienza in Somalia. Ha capito che la situazione sarebbe peggiorata e così ha deciso di portarci tutti in Turchia". Una nuova lingua e una nuova fase della vita di Mohamed, che però dura appena dieci mesi. Noruddin vuole raggiungere l'Europa, ma questa volta decide di dividere la famiglia: la moglie, le tre figlie e al figlioletto di soli cinque anni restano in Turchia, lui assieme ai tre figli più grandi (dai 17 ai 12 anni) decide di attraversare l'ennesima frontiera. Raggiunge Edirne, città turca a pochi chilometri dai confini europei (Grecia da una parte, Bulgaria dall'altra) e prende contatti con un trafficante: mille euro a testa è la cifra pattuita per entrare illegalmente in Bulgaria. Mohamed, sta imparando i primi rudimenti di quella che sarà la sua quinta lingua. Scherza con gli operatori del campo di Postrogor, ma la sua situazione è tutt'altro che rosea. A causa di un pasticcio burocratico lui è il solo della sua famiglia a non avere ancora ottenuto lo status di rifugiato e ora teme di essere separato dal padre e dai fratelli che, entro pochi giorni, saranno obbligati a lasciare il campo. "Sto aspettando, spero che la situazione si risolva in fretta - spiega -. Vogliamo andare via da qui, andare in Europa. Voglio studiare, rivedere mia mamma e le mie sorelle. Siamo lontani da troppo tempo".
Fonte: Blog di Ilaria Sesana Commenta questa notizia Notizie
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