La nebbia azzurra di Stara Zagora 01.08.2005 La nebbia provocata dall'anidride solforosa rilasciata da una centrale ha tenuto in ostaggio la città. Del resto il cinismo affaristico della dirigenza dell’impianto è stato ben coperto anche dalle istituzioni. Soltanto quattro giorni dopo il disastro, le autorità hanno pubblicamente riconosciuto la portata della catastrofe. Un ritardo che, come commentato da un’attivista di una Ong bulgara durante il terzo giorno di nebbia blu, non ha tenuto conto neanche delle drammatiche ripercussioni sui cittadini. “Per il terzo giorno la popolazione di Stara Zagora non ha osato respirare, così come non ha potuto evitare di pensare al pesante e grigiastro vapore di anidride solforosa, il primo indicatore della presenza degli acidi nell’aria…E i polmoni dei nostri bambini? Le mamme non potevano chiedere ai loro bambini di smettere di respirare finché che la nuvola mortale si fosse allontanata..” Oggi, mentre in molti si chiedono dove sia finito il volto amico di un impianto che per anni ha dato lavoro a tutti, altri sottolineano l’aut aut indecente dello sviluppo industriale post-comunista. Stara Zagora non è un caso isolato. La transizione gestita dall’alto verso il libero mercato dei paesi dell’ex blocco comunista ha costretto la popolazione ad accettare i meccanismi competitivi provenienti dall’occidente, obbligandoli a mettere in gioco persino la propria terra pur di poter continuare a lavorare in quelli che un tempo erano impianti pubblici. Proprio la presenza consistente e a buon mercato di lavoratori altamente specializzati nella gestione degli impianti industriali, unita alla privatizzazione indiscriminata degli impianti pubblici, ha determinato l’arrivo in massa di numerosi investitori israeliani, russi, cinesi ed italiani. Tutti pronti a lanciarsi nel grande affare della delocalizzazione industriale. Nessuno però avrebbe immaginato l’inizio di un nuovo calvario. Quello ambientale. Negli ultimi anni soprusi ambientali come quello del Marista Istok stanno diventando una costante. Lo scorso aprile, nei pressi del villaggio di Kovachevo, regione di Stara Zagora, la rilevazione di un elevato livello di diossina e policlorinato bifenile nel terreno ha portato le autorità a suggerire di ridurre le esposizioni ad inquinanti organici pericolosi. Nessuno però ha parlato di bonificare il terreno contaminato e così, nel silenzio generale, la popolazione ha continuato a vivere mangiando i prodotti coltivati sulle stesse terre contaminate. Ivaylo Hlebarov, della Ong ambientalista Za Zemiata, lo ha più volte denunciato pubblicamente: “La diossina finita nel cibo sta provocando degli effetti terribili. Numerose persone nell’area di Stara Zagora hanno mostrato l’insorgenza di forme cancerogene e frequenti difficoltà respiratorie. Eppure loro non possono far altro che continuare a mangiare cibo contaminato tutti i giorni”. Autore: Enza Roberta Petrillo Fonte: Peace Reporter Commenta questa notizia Notizie
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