Al mondo medioevale mancava quella unità che costituiva uno dei tratti caratteristici
dell'età romana, ma nonostante ciò e malgrado tutte le difficoltà di comunicazione,
gli scarsi mezzi di trasporto e la poca sicurezza delle vie, i popoli europei mantenevano
dei rapporti reciproci assai stretti e stabili. Questi rapporti però non si realizzavano
unicamente come contatti, pacifici o di guerra, fra i vari stati, oppure come legami
nell'ambito della vita ecclesiastica. Esistevano, accanto ad essi, varie sfere dell'attività
umana, dove - per vie quasi ignote o almeno a stento identificabili - s'intrecciavano
altri contatti vastissimi e durevoli. I tratti comuni nel folklore oppure nel linguaggio
popolare risultavano da contatti fra i vari popoli che si svolgevano al di fuori
dei "rapporti ufficiali", sotto lo sguardo indifferente del potere temporale e spirituale.
Vi era tuttavia un campo della vita spirituale in cui i popoli europei s'ingegnavano
di stabilire fra di loro molteplici contatti e di creare una grande unità, contro
il volere degli stati e dell'organizzazione ecclesiastica: tale era esattamente
il caso dei movimenti ereticali.
Sotto quest'aspetto la storia di certe eresie
- come ad esempio il manicheismo, il bogomilismo ed il catarismo -acquista un significato
del tutto nuovo. Le eresie ricordate possono essere studiate non solo come un fenomeno
importante dal punto di vista puramente religioso o dottrinale, sociale o politico,
ma anche come una forma di contatti e di influssi reciproci fra i vari popoli e
paesi, ad esempio fra l'Oriente e Bisanzio, fra Bisanzio ed i popoli balcanici ed
in genere i popoli slavi, infine fra questi ultimi e l'Occidente europeo. Qualche
studioso moderno ebbe l'idea di dichiarare il bogomilismo come "the first European
link" di una catena millenaria, che incomincia con la predica di Mani in Mesopotamia
nel III secolo e giunge sino alla Crociata degli Albigesi in Francia meridionale
nel secolo XIII. Nonostante la sua troppa semplicità, quest'affermazione appare
assai seducente. Prima di considerarla al di sopra di ogni dubbio, sarebbe necessario
un esauriente e vasto studio comparativo delle grandi correnti ereticali del Medio
Evo, verificando i singoli nessi di questa presupposta ' catena ' sia nella loro
sostanza che nel modo di concatenarsi, attraverso i secoli e gli ampi territori
del mondo medioevale. Durante tutto il periodo medioevale gli Slavi della Penisola
Balcanica erano prevalentemente, se non anche esclusivamente, nell'ambito dell'Impero
bizantino, e per mezzo di esso venivano in contatto con l'Oriente, con il suo germogliare
continuo di eresie. Non è difficile perciò rintracciare i legami che univano tali
correnti ereticali dell'Oriente, come il manicheismo e il paulicianismo, con il
bogomilismo. Per vari secoli però i popoli balcanici vivevano privi di contatti
con l'Occidente. Accettando la ipotesi di una certa unità e continuità delle correnti
ereticali del Medio Evo, e parlando di un vasto movimento "neomanicheistico" realizzato
attraverso la mediazione dei bogomili balcanici, sembra più che necessario badare
non soltanto ai tratti di unità dottrinale, ma comprovare anche l'esistenza dei
rapporti storici fra questi popoli.
Come per tanti altri movimenti ereticali,
uno sguardo sulla storia e particolarmente sull'essenza dottrinale del bogomilismo
viene ostacolato da una difficoltà primordiale: la mancanza totale di fonti dirette
e genuine di provenienza bogomila. Non è inutile avvertire che tutto ciò che conosciamo
di più importante della dottrina dei bogomili viene dagli scritti dei loro nemici.
Ben poco si può ricavare da certi apocrifi di origine presupposta bogomila, dalla
cosidetta "Interrogatio Iohannis>, conservataci unicamente in veste latina di epoca
relativamente tarda, finalmente dalla tradizione orale in fiabe popolari, diffuse
fra i Bulgari e fra altri popoli balcanici quasi sino ai giorni nostri. Essendo
il bogomilismo spuntato inizialmente fra i Bulgari e rimasto, per quanto si può
sapere, limitato per vari decenni fra di essi, la prima menzione delle fonti storiche
sull'eresia spetta agli scritti di origine bulgara, supponendo in detti scritti
un'informazione diretta e copiosa. La speranza dello studioso di scoprire, fra le
opere assai numerose della letteratura bulgara del Medio Evo, fonti abbondanti sulla
storia e la dottrina degli eretici, rimarrà delusa. In ordine cronologico come fonti
della storia dei bogomili bulgari si possono menzionare soltanto alcuni scritti
di valore disuguale: alcuni passi nell'Esamerone composto dallo scrittore Giovanni
Esarca verso la fine del secolo IX o all'inizio stesso del secolo decimo, il
del Vescovo Cosma I, composto nel periodo 969-972, poi il Sinodico redatto per ordine
del re Boril (1207-1218) in occasione del sinodo antibogomilistico convocato nella
capitale bulgara di allora, Turnovo, all'inizio del 1211, finalmente la vita del
vescovo della regione di Muglen (in Macedonia) Ilarione, dei tempi dell'imperatore
bizantino Manuele I Comneno (1143-1180), scritta dall'ultimo patriarca della Bulgaria
medioevale Eutimio di Turnovo (13751393). Fra tutti questi scritti quello di maggior
valore è senza dubbio l'opera di Cosma, resa pienamente accessibile agli studiosi
occidentali in una versione francese ed in un'altra non meno utile in lingua latina,
assai recenti ambedue. Contemporaneo agli stessi inizi dell'eresia, connazionale
del primo grande promotore ed eresiarca e dei suoi immediati seguaci, il vescovo
Cosma era naturalmente informato in modo ampio e diretto per il periodo forse più
importante della formazione del bogomilismo. Le sue testimonianze sono non solo
le più dettagliate e originali, ma hanno anche il singolare pregio di essere date
in modo concreto e abbastanza oggettivo. Una trentina di anatematismi, formulati
in forma più che schematica nel testo del Sinodico bulgaro, confermano le testimonianze
di Cosma e rilevano certi particolari di carattere storico o dottrinale nuovi. Giovanni
Esarca ben cinque volte fa cenno ai manichei e agli "Slavi pagani": due delle sue
testimonianze riproducono, in versione paleo-bulgara, passi di autori patristici
greci, le altre tre fanno menzione del culto solare presso i manichei e, salvo una
lectio erronea del testo, presso gli "Slavi pagani", come anche della conczione
negativa del mondo visibile dei manichei. In nove capitoli della Vita di S. Ilarione
il vescovo Eutimio ha voluto dare piuttosto prova della sua cultura letteraria,
invece di offrire qualche notizia diretta e autentica. Parlando dei manichei, degli
armeni (= pauliciani) e dei bogomili in Macedonia Centrale egli nelle dispute reali
o fittizie con loro non ha fatto altro che ripetere gli argomenti dell'apologeta
bizantino Eutimio Zigabeno.
Per indagare la storia del bogomilismo siamo
costretti, come per tanti altri momenti nella storia degli Slavi meridionali, a
ricorrere alle fonti di origine bizantina. Relativamente più copiose, queste fonti
nella loro maggioranza si riferiscono al periodo posteriore della storia del bogomilismo,
quando il movimento ereticale varcò i confini della Bulgaria, per diffondersi nell'Impero
bizantino. Considerati gli stretti legami storici e dottrinali che riallacciano
il bogomilismo alle dottrine dei manichei, dei pauliciani, dei massaliani e di alcune
eresie in Bisanzio e nell'Oriente, le fonti storiche di detti movimenti ereticali
diventano più che indispensabili anche per lo studio del bogomilismo. Per una curiosa
coincidenza due delle fonti bizantine più antiche sono legate, in certo modo, con
l'Italia. Così, la "Historia Manichaeorum" di Pietro Siculo, composta verso l'872,
testimonia della penetrazione di missionari pauliciani fra i Bulgari o almeno di
legami esistenti fra i pauliciani dell'Asia Minore e la Bulgaria in quel periodo.
Scritta sulla base di una esperienza personale, quest'opera offre, d'altronde, preziose
corrispondenze dottrinali fra le due eresie. In un codice della Ambrosiana (cod.
270, E. 9 sup., olim T 89), del sec. XIV, ci è pervenuto il testo unico della fonte
bizantina più antica, dove si danno notizie, benché senza nominare esplicitamente
il bogomilismo, dell'eresia bulgara. Si tratta di una lettera del patriarca costantinopolitano
Teofilatto (2.II.933-27.II.956), diretta al re bulgaro Pietro (927-969). Conosciuta,
come pare, dagli eruditi europei già all'inizio del '700 e rimasta inedita, a causa
di una falsa attribuzione, sino al secondo decennio del nostro secolo, tale epistola
fu inviata in risposta ad una domanda del sovrano bulgaro, turbato dal propagarsi
dell'eresia nel suo regno. Il patriarca, o meglio quell'ignoto Giovanni, "chaytophytax"
della Chiesa di Costantinopoli, che scrisse in vece sua la lettera, si basava sulle
informazioni fornitegli dal re bulgaro. Le autorità ecclesiastiche e civili in Bulgaria
però non riuscivano ancora ad afferrare le particolarità della "nuova eresia", e
perciò la loro informazione non aveva fornito al patriarca un materiale sicuro e
chiaro, per distinguere bene il movimento. Formulando i tratti essenziali dell'eresia
in una serie di anatematismi, la lettera rimaneva piuttosto a ciò che si conosceva
sul manicheismo e sui pauliciani. Nonostante tutto, dal contenuto di questa epistola
si possono trarre alcune conclusioni fondamentali rispetto alla storia del bogomilismo
nel periodo della sua formazione iniziale. Priva di qualsiasi indicazione cronologica
esplicita, ma databile al primo decennio del patriarcato di Teofilatto, l'epistola
costituisce un vero "teyminus ante quem" per il sorgere dell'eresia. Sebbene non
disponesse di una informazione sufficiente, l'autore della lettera aveva definito
l'eresia come un neomanicheismo - un manicheismo cioè congiunto con paulicianismo
- e questa sua definizione non fu smentita dalle testimonianze delle altre fonti
storiche, e tanto meno dagli studi moderni, che la modificarono solo parzialmente.
La maggior parte delle fonti bizantine dei tempi posteriori hanno un valore
minore e relativo. Così, lo scritto di Michele Psello "De operatione daemonum",
composto verso l'inizio della seconda metà del sec. XI, non è altro che una fonte
torbida, il cui pregio maggiore consiste forse nell'indicare la propagazione dell'eresia
in Tracia. Verso la stessa epoca il monaco del monastero della Peribleptos Eutimio
compose la sua
e Costantino Armenopulo, nella sua opera "De haeresibus", composta verso la metà
del '300, si accontentarono di riprodurre le testimonianze dello Zigabeno, come
fece del resto parzialmente anche il metropolita di Salonicco Simeone all'inizo
del '400 nel suo ' Dialogo' contro tutte le eresie. Per il secolo XIII si hanno
due altri scritti, una "Epistula ad Constantinopolitanos contra Bogomilos" del patriarca
Germano II (1222-1240), e uno scritto del cartofilace della chiesa costantinopolitana
Giorgio Moschabar, della seconda metà del secolo, con alcune notizie sulla diffusione
dell'eresia e su certi tratti dottrinali poco chiari. Dopo il 1363 il patriarca
costantinopolitano Callisto I (1350-54, 1355-63) scrisse la vita dell'esicasta bulgaro
Teodosio di Turnovo (m. 1363), conosciuta oggi solo nella versione bulgara medioevale.
Confondendo massalianismo e bogomilismo, il patriarca ci dà alcune notizie sul movimento
dei bogomili in Bulgaria in quell'epoca. Come ultime fonti di origine bizantina
si devono rammentare un certo numero di atti sinodali, alcune formule di anatematismi
e di abiura, finalmente qualche cronaca. Gli scritti di origine serbo-croata e russa
costituiscono piuttosto delle testimonianze della vitalità e della propagazione
dell'eresia che fonti di notizie nuove e originali. Sfruttando con acuto senso critico
e spassionata oggettività tutte queste fonti si giungerà a ricostituire, almeno
nei suoi tratti essenziali, l'evoluzione storico-dottrinale del movimento bogomilistico
che agitò un vasto spazio del mondo europeo per oltre cinque secoli.
Il nome
slavo "Bogomil", che divenne famoso per cagione dell'eresia omonima, non è altro
che un semplice calco dal greco "teofilos", cioè a "amato da Dio " ossia "caro a
Dio". Detto nome slavo appare presso i Bulgari già nella seconda metà del sei. IX.
Così, la più antica menzione di questo nome si legge in una nota marginale sul celebre
codice pergamenaceo di Cividale (Cod. Sacri, I, f. 4), del sei. V-VI, dove un nobile
bulgaro, Sadak, inviato nell'867 dal principe Boris (852-889) al pontefice Nicolò
I, ha segnalato i nomi dei suoi familiari e fra l'altro di sua figlia, "filia eius
Bogomilla". Cosma, che conosceva bene il significato di esso nome, parlando nella
sua opera degli eretici bogomili, non li nomina mai con tale denominazione: invece
di essere un biasimo, il nome tornerebbe a onore e elogio. Per primi usarono detto
nome come appellativo dell'eresia gli autori bizantini, per i quali, nonostante
i tentativi di spiegarlo, esso rimaneva estraneo e oscuro. L'eresia prese il suo
nome da un capo eponimo - il prete (pop) Bogomil, la cui esistenza storica viene
attestata dalle due fonti fra le più autorevoli, il "Discorso" cioè di Cosma e il
Sinodico della chiesa bulgara. L'informazione delle due fonti è per caso quanto
mai concisa: non ci insegna altro che il pop Bogomil visse nei tempi del re bulgaro
Pietro, cioè fra il 927 e il 969. Appoggiandosi sulle testimonianze di Cosma, del
Sinodico e dell'epistola di Teofilatto, gli studiosi, fra i quali anche i più recenti,
giunsero alla conclusione che il nascere dell'eresia si deve datare "dans le premier
quart du Xe siècle" oppure "at the beginning of the reign" del re Pietro, dioè poco
dopo il 927. Non pochi indizi inducono però a formulare l'ipotesi che l'eresia aveva
anche la sua 'protostoria' e che la sua origine si deve cercare già verso la metà
del secolo IX, all'epoca della conversione ufficiale del popolo bulgaro al cristianesimo.
Il movimento ereticale germogliò sul fondo di una complicata realtà storica,
quando un fermento interno tentava di concretizzarsi sotto influssi esterni. I missionari
cristiani, nella loro attività, ebbero a combattere contro varie correnti religiose,
in uno stato dove mancava qualsiasi unità di fede. Al paganesimo slavo si gli Uiguri
ed i Protobulgari mantenessero dei rapporti fra di loro, malgrado le enormi distanze,
anche nel periodo dal sec. VII al sec. IX. Conoscendo lo zelo eccezionale dei missionari
manichei, si potrebbe supporre che durante la seconda metà del sec. VIII e sino
all'840 essi non avevano interrotto i legami con gli affini Protobulgari. Non è
del tutto impossibile che dopo la soppressione del manicheismo verso la metà del
sec. IX, e specialmente dopo le grandi persecuzioni, missionari manichei abbiano
cercato rifugio presso i parenti lontani, tanto più che le frontiere dello stato
protobulgaro giungevano molto a nord-est, lungo la costa settentrionale del Mar
Nero. Disponendo di alcuni indizi sui contatti che esistevano in quell'epoca fra
i Protobulgari e gli Slavi, da un lato, e l'Iran dall'altro, non sembra impossibile
che missionari manichei potessero giungere in Bulgaria anche dall'Iran e dall'Iraq.
Ad onta dei dubbi formulati da certi studiosi circa la possibilità di un influsso
diretto del manicheismo sui Bulgari, bisogna supporre con grande verosimiglianza
che la religione di Mani penetrò fra di loro insieme con l'eredità antica, assunta
dopo lo stabilirsi nei territori balcanici, come anche tramite contatti diretti
nei secoli seguenti con gli Uiguri, con Irak, Iran e perfino con gli Armeni. Non
desta dubbi invece la penetrazione di missionari pauliciani fra i Bulgari. I cronisti
e gli storici bizantini parlano della colonizzazione di eretici in Tracia nel sec.
VIII, a più riprese (nel 746, 756, 778). I Responsa ad consulta Bulgarorum di papa
Nicolò I, dell'866, confermano che a duella epoca fra i Bulgari erano giunti missionari
armeni. Una iscrizione protobulgara della prima metà del sec. IX menziona un personaggio
di nome indubbiamente armeno fra i capi dell'esercito bulgaro. Infine, la 'Historia
Manichaeorum' di Pietro Siculo testimonia di legami fra i pauliciani e le terre
bulgare solo pochi anni dopo la conversione ufficiale nell'865. Questa conversione,
effettuata in parte con violenza, non riuscì a sradicare il paganesimo. Numerosi
cenni nelle fonti storiche parlano della persistenza di credenze e riti pagani anche
dopo l'introduzione del cristianesimo come religione ufficiale nello stato. Sino
agli ultimi due decenni del sec. IX, quando nel paese fu introdotto l'alfabeto slavo,
fu creata una letteratura in lingua slava e si organizzò un clero slavo, la cristianizzazione
rimaneva più o meno alla superficie, la nuova religione veniva considerata una manifestazione
pericolosa dell'influsso bizantino ed il clero bizantino un elemento estraneo, se
non anche ostile. I,'aggravarsi progressivo della vita sociale ed economica rendeva
ancora più ardente il malcontento. Su questo terreno di reazione latente contro
la fede cristiana e la chiesa ufficiale, contro il bizantinismo e le miserie della
vita, ogni semente di pensiero eretico e eterodosso germogliava copiosamente. La
constatazione di "une recrudescence des écrits antimanichéens" nella letteratura
bizantina del sec. IX vale ugualmente anche per la giovane letteratura paleobulgara.
Certamente, l'apparire in essa, già verso la fine del sec. IX e all'inizio del decimo,
di alcuni scritti, di origine bizantina e di contenuto apologetico, non si deve
spiegare come una mera moda letteraria e attribuirsi al puro caso. Basta citare
qualche titolo, per persuadersi che i primi scrittori bulgari e slavi foggiavano
armi contro le eresie ed in difesa della nuova fede. Tale fu, ad esempio, la traduzione
paleoslava di alcuni scritti di Metodio di Olimpo ed in primo luogo della sua opera
"De libero arbitrio", diretta contro il determinismo della gnosi valentiniana, ma
utilizzabile egualmente contro i manichei. Io scrittore paleobulgaro Costantino
di Preslav tradusse, all'inizio stesso del sec. X, i quattro "Sermoni contro gli
Ariani" di Atanasio Alessandrino evidentemente non per interesse puramente storico-letterario,
e nemmeno per lottare contro un fantasma scomparso ormai da secoli, ma giacché le
correnti ereticali nella Bulgaria di quell'epoca, non ancora bene identificate,
offrivano certe analogie con la "Arriana haeresis" e potevano essere confutate con
argomenti simili.
All'epoca paleobulgara appartiene anche la traduzione slava
delle di Cirillo di Gerusalemme, il quale polemizza ampiamente non solo
contro le altre eresie, ma in modo particolare contro il manicheismo. Con la realtà
storica in Bulgaria probabilmente si deve connettere anche il riassunto sulle eresie
che il patriarca Fozio scrisse, ad una data che non si può stabilire con precisione,
per rispondere alla richiesta di un certo monaco, di nome Arsenio. Ora, da una lettera
di Fozio sappiamo ch'egli inviò al `monaco ed esicasta 'Arsenio alcuni Bulgari,
per istruirli nella vita monastica. Se si tratta del medesimo personaggio, non sarebbe
forse troppo inverosimile ammettere che dietro il suo interessamento per le eresie
si nascondeva, in realtà, l'informazione da parte dei suoi allievi circa la situazione
nel paese neoconvertito. Senza menzionare qui anche le altre testimonianze, talvolta
poco chiare, sull'attività degli eretici, manichei e pauliciani, in Bulgaria nel
sec. IX, occorre concludere che, secondo ogni probabilità, l'agitazione ereticale
cominciò in questo paese molto prima dell'inizio del sec. X, cioè già verso la metà
del secolo precedente o un po' più tardi, a causa della propagazione del manicheismo,
del paulicianismo e forse del massalianismo. Il prete bulgaro Bogomil fu poi colui
il quale, verso i primi decenni del sec. X, concretizzò e formulò con più grande
chiarezza e precisione i dommi fondamentali dell'eresia, che appariva 'nuova' in
quanto portava certi tratti specifici, ma in realtà sorgeva da una corrente ormai
secolare. Il nome proprio di questo riformatore - `Bogomil', cioè 'amato da Dio'
- ben presto, a quanto pare, fu adottato dai suoi seguaci, giacché parimenti a qualche
altra loro denominazione manifestava la loro convinzione di essere i "veri cristiani"
e i "prediletti di Dio".
Si hanno scarse notizie per dare una risposta precisa
a due quesiti circa la storia iniziale del bogomilismo: quale era la regione dove
esso nacque e si sviluppò inizialmente, e a quale ambiente sociale appartenevano
i suoi promotori e primi seguaci. Cosma c'informa semplicemente che il prete Bogomil
svolse la sua attività "in terra bulgara", senza precisare di più, mentre il Sinodico,
ripetendo sostanzialmente la medesima notizia, aggiunge che il manicheismo, mescolato
con massalianismo, fu "disseminato in tutta la terra bulgara". Le affermazioni di
qualche studioso che la patria dell'eresia si dovrebbe cercare, ad esempio, in Macedonia,
non sono altro che pure ipotesi. Altrettanto difficile è la risposta circa l'ambiente
sociale del movimento nei suoi inizi. Basandosi sulle testimonianze delle fonti
più antiche e, possiamo concludere con grande verosimiglianza che i suoi promotori,
come lo stesso Bogomil, appartenevano al clero bulgaro. Senza dubbio però i seguaci
dell'eresia si raccoglievano anche da altri ambienti e classi sociali. I principi
fondamentali del bogomilismo iniziale si possono ricostituire innanzitutto sulla
base dell'opera di Cosma, molto meno sulle testimonianze dell'epistola di Teofilatto.
Come si può dedurre da alcune frasi di Cosma, egli non aveva inserito nella sua
polemica tutto ciò che conosceva intorno al bogomilismo. In tal modo, naturalmente,
le nostre cognizioni dell'eresia, basate - per quanto riguarda la sua fase iniziale
- su una tale fonte come lo scritto di Cosma, non possono considerarsi definitive
e assolutamente complete. Il silenzio di Cosma su certi particolari ci permette,
d'altronde, di precisare la dottrina ereticale qua e là, sulla base di fonti posteriori,
senza presumere però che si tratti sempre di qualche innovazione, dovuta all'evoluzione
storica dell'eresia. Al pari dei seguaci di certe altre eresie medioevali, anche
i bogomili si dichiaravano 'cristiani' e pretendevano di essere loro i portatori
del vero cristianesimo evangelico, basato sulla tradizione neotestamentaria. Da
una indiscrezione di Cosma si deve concludere che, malgrado tutte le raccomandazioni
del patriarca costantinopolitano circa il trattamento degli eretici, già nella prima
metà del sec. X contro di essi furono intraprese dure persecuzioni. La dichiarazione
di professare il cristianesimo era dunque, per loro, non una forma di simulazione,
come li accusavano gli apologeti medioevali e, dietro di loro, autori moderni. Come
viene rilevato parecchie volte da Cosma, la base dell'eresia veniva dal Nuovo Testamento,
cioè dai Vangeli e dalle epistole apostoliche.
Secondo testimonianze esplicite,
i bogomili rinnegavano tutta la tradizione vetero-testamentaria: i libri di Mosè,
i profeti ecc., insieme con gli stessi personaggi biblici. Non di meno essi negavano
qualche personaggio che stava al limite fra il Vecchio ed il Nuovo Testamento, quale
ad esempio Giovanni Battista, considerato dagli eretici ` precursore di Satana',
oppure dell'Anticristo. I bogomili negavano, inoltre, tutta la tradizione ecclesiastica,
enormemente ricca, con la letteratura patristica, in Bisanzio. Limitando in tal
modo il complesso delle fonti della fede, gli eretici bulgari differivano dalla
Chiesa ufficiale anche nell'esegesi di detti scritti. La loro interpretazione si
può definire, rispetto alla ricchissima letteratura teologica dei Bizantini, non
tanto semplicistica, quanto - se si crede alle affermazioni di Cosma e agli esempi
forniti da lui - allegorica. Come si vede da qualche passo nell'opera di Cosma,
la dottrina dei bogomili bulgari ai suoi tempi non aveva raggiunto la sua unità
riguardo al principio fondamentale, il dualismo. Stando sempre alle testimonianze
della medesima fonte, si potrebbe formulare l'ipotesi che già si erano formate le
divergenze fra il dualismo assoluto e quello più moderato - le quali divergenze
dovevano accentuarsi ancora più chiaramente nei secoli posteriori. La concezione
del principio del male, del diavolo quale creatore del mondo visibile, come viene
testimoniato tante volte da Cosma, era la vera base dell'atteggiamento degli eretici
verso il 'mondo terrestre' in genere. L'apologeta bulgaro ritorna, nel suo scritto,
varie volte sul problema del 'libero arbitrio'; e ciò vuol dire che si doveva rifiutare,
secondo lui, un determinismo estremista e chiaramente espresso dagli eretici. Una
volta egli parla di certe fiabe degli eretici, accennando probabilmente alle loro
concezioni cosmologiche, senza entrare nei dettagli, cosicché su queste concezioni
possiamo informarci soltanto dalle fonti posteriori. Merita rilievo il fatto che
Cosma non parla quasi mai, salvo in un passo non del tutto chiaro, del docetismo
bogomilistico, il duale invece viene testimoniato, sul modello evidentemente delle
eresie precedenti, nella lettera di Teofilatto. Si accenna soltanto a certe concezioni
ereticali riguardo alla Madonna, senza fornirci dettagli precisi. Gli eretici negavano
ugualmente i dogmi fondamentali della Chiesa ortodossa: la Trinità, la Redenzione
ecc. Come presso certi eretici dell'Occidente, presso i bogomili mancava ogni culto
della Croce, che veniva considerata piuttosto uno strumento di tormento del Signore,
non degno di venerazione. Insieme con ciò i bogomili erano assolutamente ostili
agli edifici del culto ecclesiastico, alle icone, che consideravano come degli idoli,
alle reliquie e alla loro venerazione, come anche verso gli stessi santi e verso
i miracoli attribuiti non solo a loro, ma anche a Gesù.
Lottando contro le
cerimonie religiose bizantine troppo complicate, i bogomili negavano tutto il culto
in genere, sia la liturgia che le molteplici preghiere e i riti. Da qualche accenno
in fonte posteriore' si deve dedurre che anche gli eretici avevano un loro culto
e certi 'sacramenti', non conosciuti bene oppure soltanto grazie a qualche testimonianza
più tarda. Pretendendo di ritornare alla chiesa primitiva con la sua presupposta
semplicità, i bogomili abolivano tutte le preghiere e gli inni ecclesiastici, limitandosi
all'unica preghiera domenicale 'Pater noster', dalla quale abitudine i loro seguaci,
i Patereni (ossia Patareni, Patarini), ricevettero, come pare, la denominazione
popolare'. Si negava il battesimo come anche la comunione, interpretando in modo
allegorico le testimonianze evangeliche su di essa, mentre la confessione si faceva
senza la partecipazione di sacerdoti, dando anche alle donne il diritto di eseguirla.
Insieme con il culto dei santi, i bogomili negavano tutte le festività ecclesiastiche.
le critiche più aspre venivano rivolte al clero ortodosso ed al suo mal costume,
insistendo per una vita più aderente ai precetti del Vangelo. Pur riconoscendo l'ascetismo
duro degli eretici, con i digiuni continui, con la negazione del matrimonio e di
ogni atto sessuale, con l'astensione dai cibi animali e dal vino, Cosma tenta di
sprezzarlo, essendo basato sui principi dualistici, diversi dai motivi dell'ascetismo
ortodosso. Invece di meritare elogi, l'aspetto esterno degli asceti veniva perciò
vituperato come segno di ipocrisia. Nella opera di Cosma manca ogni accenno all'organizzazione
ecclesiastica e sociale degli eretici, forse giacché tale organizzazione ancora
non esisteva oppure egli non la conosceva. Da fonti posteriori sappiamo che anche
in questo i bogomili si adoperavano ad imitare certi particolari della vita dei
cristiani primitivi, facendo, ad esempio, accompagnare i loro capi da 'apostoli',
uguali di numero agli apostoli di Gesù.
Per tutti questi particolari si potrebbero
indicare delle corrispondenze negli atteggiamenti dei manichei, dei pauliciani e
dei massaliani e, senza desumere da ciò un'identità totale del bogomilismo con dette
eresie e negare i suoi tratti specifici. Fra questi ultimi si deve rilevare, in
primo luogo, una caratteristica che derivava dallo stato politico, sociale ed economico
del popolo bulgaro all'epoca in cui il movimento dei bogomili prese inizio. Secondo
Cosma, gli eretici spronavano verso la disobbedienza dinanzi ai signori, ingiuriavano
i ricchi, odiavano il sovrano, oltraggiavano i superiori, biasimavano i nobili (bolfayi),
dichiaravano detestabili da Dio quei che lavoravano per il re e, infine, predicavano
che nessuno schiavo dovesse servire il suo padrone. Insieme con questi elementi
di rivolta politica e sociale il bogomilismo manifestava una reazione nazionale
contro il bizantinismo in Bulgaria. La dottrina ereticale scaturiva, nei suoi principi
fondamentali, da correnti analoghe in Bisanzio, come il manicheismo, il paulicianismo
e il massalianismo, ma in fin dei conti, per una evoluzione dialettica, si rivolgeva
contro la stessa Bisanzio e tutto ciò che si immedesimava con Bisanzio nella vita
bulgara, prima di tutto l'ortodossia, l'organizzazione ecclesiastica, il culto ed
i riti. Così, l'influsso bizantino 'popolare' e 'democratico' `non ufficiale' finiva
per opporsi all'influsso 'ufficiale ', sempre di carattere bizantino, ma effettuato
tramite la Chiesa ufficiale ed il potere temporale. La opposizione fra le due correnti
si manifestava in maniera assai chiara, fra l'altro, nel campo letterario. Alle
opere , di provenienza prevalentemente bizantina o sotto l'influsso bizantino,
i bogomili contrapponevano una ricchissima produzione letteraria apocrifa, la quale
però spessissimo non era altro che traduzioni di testi bizantini oppure di opere
di origine orientale, ma tramandate attraverso Bisanzio. Per i Bulgari, infine,
il bogomilismo era anche un appello verso la riforma nella vita ecclesiastica. Quasi
contemporaneamente all'attività del pop Bogomil, nella montagna di Rila, nella Bulgaria
sudoccidentale, viveva in una ascèsi durissima il più famoso anacoreta del medio
evo bulgaro S. Giovanni di Rila, il fondatore del monastero dedicato oggi al suo
nome. La riforma era però necessaria e lo prova, fra l'altro, lo stesso Cosma, il
quale, nella sua opera, colpisce con le sue frecce gli eretici, ma non risparmia
nemmeno il clero ortodosso. La parola dei bogomili trovava dunque fra i Bulgari,
nel secolo X ed alcuni secoli di seguito, un terreno quanto mai fertile, si divulgava
e agitava gli spiriti. La sua vitalità si dimostrò nei secoli XI-XII, quando il
bogomilismo trovò seguaci perfino nella capitale bizantina, fra il clero, e penetrò
in alcune regioni dell'Asia Minore, per perpetuarsi nei territori dell'Impero per
alcuni secoli. La persecuzione, intrapresa ad esempio nei tempi di Alessio I Comneno,
non riuscì, a quanto pare, ad arrestare la propagazione dell'eresia. I,'unificazione
di vasti territori balcanici sotto il potere bizantino all'epoca dei Comneni contribuì
a rendere più facile la divulgazione del bogomilismo nelle parti occidentali della
Penisola balcanica. La persecuzione dei bogomili, organizzata verso la fine del
sec. XII dal principe serbo Stefano Nemanja (1168-1196), testimonia che l'eresia
era già penetrata nei territori serbi ed aveva trovato fedeli seguaci. Non più tardi
dell'inizio del '200 il bogomilismo si era propagato fra la popolazione della Bosnia,
per raggiungere in quei territori uno sviluppo vastissimo ed una persistenza ultrasecolare.
Il problema della pretesa - e probabile - divulgazione delle idee bogomilistiche,
con tutte le innova-zioni dovute alla lunga evoluzione storica, verso regioni più
remote dalla Penisola balcanica - verso l'Italia settentrionale e verso la Francia
meridionale - impone uno studio particolare, paziente e spassionato.
tratto
da MEDIOEVO SLAVO-BIZANTINO
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