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Considerato il primo poeta della nuova Bulgaria, nasce a Tirnovo
il 17 novembre 1827. A sedici anni comincia l'attività di maestro elementare. A
causa di una poesia satirica contro due vescovi bizantini viene arrestato e una
volta rimesso in libertà comincia il suo peregrinare di paese in paese. Questa sorta
di vagabondaggio gli consente, però, di venire a contatto con il mondo contadino
e lo spingerà a raccogliere proverbi, detti popolari, indovinelli e altro materiale
destinato a un volume che non vedrà mai la luce perché tutto doveva andare perduto
in un banale incidente occorso al poeta. Nel 1852 a Bucarest escono Smésena kitka
(Mazzolino misto), Pésnopojka (Canzoniere) e Basnenik (Libro di favole). Molto intensa
é anche la sua attività di pubblicista che lo vede collaborare a numerosi periodici
e ne fa il principale rappresentante di quella intelligencija bulgara che aspira
a ridare dignità alla lingua quale veicolo per l'affermazione della possibile indipendenza
dal giogo turco. La sua poesia soffre dei difetti del precursore e di rado, specie
quando i temi sono di carattere folclorico o patriottico, Slavejkov riesce a raggiungere
accenti veramente originali, come nel poemetto Izvorat na Belonogata (La sorgente
di Biancospino). Suo merito maggiore é quello di una spontanea vitalità lirica che
lo assiste qualunque sia il genere poetico in cui si cimenta. Coronato il sogno
dell'indipendenza nazionale, diventa membro dell'Assemblea costituente ed eminente
personalità politica, ricoprendo anche la carica di Ministro dell'Istruzione e degli
Interni. Muore nel 1895.
[Fonte: Parnaso Europeo - Ed. Lucarini]
SORGENTE DI BIANCOPIEDE (IZVOROT NA BELONOGATA)
Vedi là giù nel campo, dove intravvedesi, dove nereggia una decina d'alberi,
di salici? Era là giù un villaggio, c'era Bisercia un tempo, or son molt'anni;
là venne al mondo, visse là Gergana cara alla mamma.
Gergana un uccellin multicolore, Gergana mansueta pecorella, tra le fanciulle
era come una gemma fra perline; e fu il suo primo amor Nikola un bruno agnellino
del gregge fra i giovani più belli del villaggio!
E Gergana e Nikola eran così tra loro somiglianti come steli di primola;
eran giovani teneri, l'un per l'altra eran nati, eran l'esempio d'un fedele
amore.
Amava lui Gergana, l'amava e corteggiava: mattina e sera alla sorgente,
al ballo in ciascuna domenica, al lavoro in ciascuna occasione ed ogni
notte nei convegni usati dei contadini.
Avvenne a mezzanotte. Scioglievansi i convegni dei contadini e accompagnò
Nikola la cara sua Gergana alla sua casa; e di fiori le chiese il mazzolino.
Sotto voce risposegli Gergana: "È troppo tardi, amor, pel mazzolino: tramontata
è la luna, ma non ancora i galli hanno cantato. Misteriosa è l'ora, maliziosa,
infida mezzanotte: brillan le stelle sopra noi, volteggiano sopra di noi le
streghe. E spiriti folletti, draghi alati, notturne samodive ci vedranno;
ci vedranno, amor mio, ci invidieranno; il mazzolino per amor si dà sol quando
spunta l'alba, all'alba il mazzolino è rubicondo; pronto sarà per te domani.
Lèvati presto domani per andare al campo, alla sorgente aspettami, abbeverando
i bufali; io verrò con le bianche brocche ad attinger l'acqua fresca e pura,
e un mazzolin di fiori ti darò, dalla mia fronte alla tua, rimanga a te per
mio ricordo..."
Nera una sorte i miseri attendeva: ascoltati li aveva nella notte una nera
megera; ascoltati li aveva e invidiati; gettò loro il malocchio, e decise
di perderli.
Di buon mattino s'alzò Gergana, si lavò, dinanzi all'icona fe' il segno
della croce. Il Signore pregò sommessamente. Un rugiadoso mazzolino colto,
la fronte ne adornò. Prese la brocca, la sollevò sull'omero ed alla fonte
si recò. Nikola non vi trovò; ma trovò bianche tende: era un visir di notte
tempo giunto, con le sue truppe aveva posto il campo.
Gergana attinse l'acqua, i bianchi piedi si lavò, il visir era assiso davanti
alla sua tenda. Guardò Gergana, attonito restò, attonito restò che nel villaggio
una tale beltà trovar si possa. La guardò, l'osservò, da bramosia fu colto
in cuore ed a chiamarla tosto mandò i suoi servi.
Il visir le parlò così: "Fanciulla, o giovinetta bulgara, perché così di
buon mattino sei venuta a prendere acqua fresca alla sorgente?"
"Agà, sono venuta così presto per l'acqua fresca e limpida, perché voglio
più presto far ritorno. Il babbo, il mio vecchietto, é frettoloso che al campo
ci rechiamo".
"Vai tu, giovin fanciulla, tu pure al campo vai per abbruciarti di neve
il viso e le tenere mani a logorare? Non per questo sei nata tu: sei nata,
sei destinata ad essere odalisca, bianca odalisca errar per le terrazze...
Or dunque, bianca Bulgara, or dunque vieni, vien con me a Stambùl, anzi che
tu per altri t'affatichi, altri per te d'affaticarsi intendano!"
"Io bene, agà, mi trovo qui coi miei vecchi, col babbo e con la mamma; peso
non mi dàn le faccende. Io da quando son nata son cresciuta così, sempre,
ho vissuto or sui prati, fra vigne, del mio vecchio babbo in aiuto, or alle
cure intenta in un perenne alterno affaccendarmi con la mia mamma cara".
[...]
"Giovin fanciulla stolta! Nulla tu ancor non sai; credi a me, dammi ascolto
e troverai la fortuna: sarai una bianca odalisca e porterai oro e seta,
starai in aremi splendenti, infilerai gialle monete d'oro con minute perline
mescolate!"
"È bello tutto questo, é bello, agà: che tu sia benedetto! Ma io non son
che un'umile semplice contadina: non mi son cari arèmi né vestiti di seta;
le monete gialle d'oro io non le voglio, né minute perle. Quello che ho mi
basta: di finte perle una collana e questa mia trecciolina. E finalmente,
arti, vuoi tu saperlo? Se non lo sai, sappilo dunque: ho fatto un giuramento,
e a quello che ho giurato sono fedele; il primo amore mio, è Nikola e Nikola
sarà mio... "
"O stolida, insensata! che cos'è mai il tuo damo di fronte a me, di fronte
al poter mio?!"
"Di fronte a te Nikola non è nulla; ma per me, sappi, è tutto: l'amo, agà,
amo lui solo..."
"Tu l'ami, ami lui solo" disse irato il visir "ma tu non hai un tuo volere.
Il mio sopra il tuo vale, io sono il tuo signore, il tuo padrone io sono..."
E Gergana rispose: "Sei per la vita il mio signore, agà, ma non sull'amor
mio! Senz'amore padrone diverrai d'un gelido cuor morto..."
Fu stupito il visir, della fanciulla la fedeltà amorosa lo colpì: e Gergana
lasciò libera e doni le diede a profusione Poi comandò che fosse per ricordo
in fontana mutata la sorgente.
***
E la fontana fu costrutta; tosto si sparse pel villaggio la notizia che
l'ombra di Gergana v'era stata murata dagli artieri. Era vero, così fu. La
fanciulla Gergana s'appassì come una foglia ricoperta di brina, si ammalò,
si consunse come un giovane basilico senz'acqua.
Si consunse Gergana a poco a poco, in piedi, per tre mesi; poi giacque
in letto. Affannoso Nikola a lei veniva portando streghe e maghi; con erbe
varie fu curata: nulla le recò giovamento. Non giunse un anno al termine che
l'anima rese al Signore... Tutto il villaggio la compianse e tutti s'adunarono,
ognuno un cero accese... Le fanciulle intrecciaron le ghirlande, i garzoni
le fecero la bara... Quando di casa la portaron via l'un con l'altro alternandosi,
all'oscuro sepolcro la portarono, portarono e lasciarono...
Nikola fido amante di buon mattino il martedì alla tomba andò e d'incenso
bianco la cosparse, di rosso vino l'annaffiò, vi accese una candela...
Dalla tomba tornò, ma non a casa; d'allora fino ad oggi non s'è visto mai
più... Solo sonar profondamente s'ode il piffero suo cupo e mestamente
echeggiar quando appare alla fontana Gergana assisa ed a filare intenta là,
presso la fontana, al chiarore lunare.
[Traduzione dal bulgaro: Enrico
Damiani]
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